Solo due anni fa l’ennesimo episodio di violenza contro i lavoratori africani della piana di Gioia Tauro, fu la goccia che fece traboccare il vaso di pandora dell’universo migrante del profondo sud italiano. E fu Rivolta. Se non la prima, quella che ha segnato definitivamente l’immaginario collettivo. Solo due anni. Eppure è già storia. Furono a centinaia tra le strade di Rosarno, e ci furono con rabbia perché allora era quella la strada per riprendersi la propria dignità. Violenza contro violenza in una cittadina calabrese che la conosce e sopravvive tra i molti che la praticano e dove i codici d’onore sono coniugati quasi sempre all’imperativo categorico.
Dal 7 gennaio 2010 si aprì uno squarcio e gli africani decisero che il velo andava alzato perché anche chi è invisibile, esiste. Respira, pensa, lavora, sogna..forse.
E da quel giorno un cammino tortuoso e complesso. Gli africani di Rosarno salgono in cattedra per tutta Italia. Oltre ai media si muove il volontariato, soprattutto quello calabrese. Si muovono le istituzioni locali, regionali, nazionali. I sindacati, alcuni partiti politici. Molti rosarnesi di buona volontà che lavorano instancabilmente per assistere e sostenere gli africani.
E soprattutto dal 9 gennaio 2010 in poi anche i movimenti e tutte le realtà che costruiscono la vera Politica antirazzista nel sud Italia e che il fenomeno migrante lo conoscono direttamente, decidono di non scegliere per altri, ma di avviare un percorso con le comunità migranti che parta dall’analisi delle questioni e dalla condivisione delle scelte. E poi l’idea di un percorso vertenziale. Una strada nuova per alcuni, ardita, che punti alle “radici” del problema, a quella maledetta condanna all’invisibilità di centinaia di individui che esistono in un limbo giuridico ed amministrativo. E che sono ancora più deboli di chi i documenti ce li ha e può provare a far rispettare i propri diritti.
E dalle idee ai fatti. Ragionare partendo dalla realtà, dalle storie vere, dagli individui. E farlo con le istituzioni competenti e con attori più consapevoli. Ed allora può capitare che tra Roma, Caserta e Reggio Calabria ci siano ragazzi africani che sono tornati a studiare, che lavorano con un contratto e che possono rivedere la loro Africa consapevoli che l’Italia li aspetta ancora. E finalmente si intravede un abbozzo di futuro.
E quindi il 7 gennaio 2011. Un anno fa. Una grande manifestazione. Una forma di “sciopero” per quei 400 che rinunciano a cercare la loro giornata di lavoro e decidono di sfilare tra Rosarno e Reggio Calabria. Con slogan che hanno scelto. Senza delegare, ma decidendo di esserci di persona. Che si riconoscono davanti alla casa di Peppe Valarioti e che salgono in delegazione alla Prefettura di Reggio senza paura e senza presunzione. A parlare e far parlare della loro realtà.
Ed oggi, a.d. 2012 la realtà della piana di Gioia Tauro rimane complessa e di non facile lettura. Una realtà da analizzare e raccontare senza presunzione e senza artifici. E che è doveroso far conoscere al di fuori dei confini calabresi. Noi abbiamo provato a farlo nel Dossier Radici/Rosarno – monitoraggio 2010-2011. E proveremo a farlo di nuovo con il sostegno e l’apporto di Fondazione Integra/Azione, una realtà che forte della collaborazione con Legambiente, da anni si occupa seriamente del fenomeno migrante. Perché continuiamo a credere, e non siamo i soli, che i fenomeni vadano compresi ed analizzati per essere risolti. Soprattutto per non cadere nella tentazione che le immagini terribili che turbano la nostra sensibilità ci facciano scambiare per rabbia quella che è solo, e purtroppo, rassegnazione che nulla possa cambiare.